S. Maria del Rosario – Cosentini (Fraz. di Santa Venerina – CT)
Data della Festa:
Domenica successiva al 7 Ottobre
Cosentini e la Vergine Maria, un legame indistruttibile tra questa terra con i suoi abitanti e la Madre Beata, Maria del Rosario; terra benedetta dalla Madonna, terra protetta dalla sua potente intercessione; terra di umili origini e di sana spiritualità, che è stato carattere dominante di questa crescita del centro abitato, perchè senza il culto per la Madonna, la Cosentini odierna magari non sarebbe stata così come lo è adesso. Cosentini è nata dal culto per la Vergine Maria, che si è diffuso sempre più fino a costruire, man mano che passavano gli anni, delle abitazioni attorno alla chiesa, proprio perchè la contrada diventava punto di riferimento e di culto.
Anticamente il territorio di Cosentini era di proprietà di una ricca famiglia, la famiglia Cosentini, da cui la contrada ne ha preso il nome. Questa famiglia acese era molto numerosa, tra cui spiccavano i nomi del dott. Mariano Cosentini e di cinque sorelle monache domenicane, da cui si presume l’origine per il culto verso la Madonna del Rosario.
La piccola chiesa fu eretta tra il 1856 ed il 1860, e fu aperta al pubblico nel 1863, che poi nel 1873 divenne chiesa succursale della cattedrale di Acireale annettendosi i territori delle attuali parrocchie di Pisano, Fiandaca e Pennisi.
Nel 1875 le sorelle Cosentini donarono alla diocesi di Acireale la canonica affinché il Vescovo potesse trascorrere le vacanze estive, mentre donarono al comune invece i terreni adiacenti alla chiesa affinché venga costruita una grande piazza adibita a mercato in occasione delle grandi festività e costruire l’asse viario circostante.
Si può dire che la nascita del centro abitato si debba tutta alla famiglia Cosentini.
Successivamente la chiesa si ingrandì nel 1890 risistemando la facciata ed aggiungendo pure una cupola ed una torre campanaria lateralmente.
Ma il terribile terremoto del 1914 distrusse gran parte del centro abitato e la chiesa, e quando venne ricostruita, per motivi anti-sismici, si sconvolse completamente la vecchia struttura modificando completamente la facciata e togliendo la cupola ed il campanile, cambiando anche le decorazioni interne degli altari e dell’altare maggiore.
La chiesa fu quindi ricostruita e fu consacrata nel 1960, ed è la struttura che si trova ai giorni nostri, a navata unica; della vecchia chiesa ormai non rimane più niente ma solo un piccolo frammento della vecchia facciata custodito ed esposto nel cortile interno della chiesa.
La contrada si staccò dal comune di Acireale e fu annessa al comune di Santa Venerina, e divenne pure parrocchia autonoma, come anche per le parrocchie di Pennisi e Pisano.
Gli anni sono passati, ma la devozione alla Madonna non è mai mutata; anzi, cresce sempre di più di anno in anno.
Si venera da molti anni in questa parrocchia un bel simulacro della Vergine, molto espressivo e con uno sguardo candido molto rasserenante.
Lo si può ammirare due volte l’anno, il 31 maggio, il 7 ottobre e la domenica successiva al 7 ottobre, giorno della festa esterna.
La festa non si è mai celebrata il 7 ottobre, giorno della festività liturgica o la domenica precedente perchè la contrada era prettamente circondata da vigneti, e quello è il periodo della vigna, e la gente contadina non aveva il tempo di organizzare la festa perchè doveva lavorare alla vigna o ai campi. Quindi si è celebrata in passato l’ultima domenica del mese e da alcuni anni la terza domenica di ottobre, anche a motivo di ringraziamento per il lavoro finito.
La mattina presto lo splendido simulacro della Madonna sorridente di Cosentini viene svelato dalla sua cappella ed avanzato lentamente sull’altare maggiore della chiesa, tra canti di gioia e lacrime di commozione dei devoti.
Durante la mattinata la Madonna rimane esposta alla venerazione dei fedeli con celebrazioni di SS. Messe solenni.
Nel pomeriggio, dopo la S. Messa solenne della sera, il bel simulacro della Vergine Maria viene disceso dall’altare e sistemato sulla vara processionale, ed intorno alle ore 17,30 circa la Madonna fa la sua trionfale uscita dalla chiesa parrocchiale, tra lancio di carte multicolori, sparo di fuochi, applausi e scampanio a festa delle campane.
Inizia la lunga processione per le vie della frazione rurale, percorrendo inizialmente la parte alta del centro abitato che confina con il territorio di Pennisi e Pisano, andando per le solitarie e tranquille vie di campagna, a visitare tutte le case e le famiglie della parrocchia.
Dopo la Vergine ripassa dalla piazza centrale per percorrere le strade della parte bassa del paese che confina con la frazione di Linera e Maria Vergine.
In serata, intorno alle ore 21,30 circa, la Madonna fa il suo rientro in piazza di corsa, accolta dal suono a festa delle campane della chiesa e da un grandioso spettacolo pirotecnico.
Subito dopo la Madonna fa il suo ingresso in chiesa ed il simulacro viene risistemato sull’altare maggiore.
Al canto conclusivo delle “Litanie Lauretane”, il simulacro indietreggia per entrare dentro la sua cappella.
Quello è un momento molto toccante perchè si ha un intimo dialogo tra la Madre Beata ed il singolo fedele devoto; il suo volto sorridente esprime speranza, amore, carità, abbandono nelle mani di Dio.
Lei dice a tutti di affidarci completamente al suo Figlio Gesù ed al suo Cuore Immacolato; lei è la nostra Avvocata, la nostra Madre che non ci potrà mai abbandonare e tradire, e quindi non dobbiamo avere mai paura di rimanere da soli.
Fra non molto la sua bella immagine verrà velata ai loro occhi ma non lei li abbandonerà mai nella vita; è soltanto un arrivederci, non un addio; la sua immagine viene nascosta ma lei rimarrà sempre nei cuori dei suoi devoti.
La porta della cappella lentamente si chiude e scende dagli occhi qualche lacrima di commozione su qualche devoto, con la speranza di poterla rivedere nella festa dell’anno seguente, tornando a casa con l’immagine, nella mente e nel cuore, del sereno sguardo di speranza della Madonna sorridente di Cosentini.
Testo a cura di Vincenzo Zappalà
Galleria Fotografica
Foto a cura di Vincenzo Zappalà