S. Barbara V. e M. – Paternò (CT)
La città di Paternò festeggia solennemente la propria amata Patrona, S. Barbara Vergine e Martire di Nicomedia, Santa molto miracolosa verso i suoi devoti e con un grande patrocinio verso la città di Paternò nel corso degli anni, salvandola da terremoti, pestilenze e colate laviche dell’Etna.
Dopo un anno di attesa S. Barbara ritorna dai suoi devoti e si consegna per due giorni alla città, compiendo l’annuale pellegrinaggio tra le case e le strade dei suoi concittadini, venendo a contatto con la vera realtà della comunità paternese.
Lei, che è stata martirizzata dallo stesso padre che la voleva in sposa ad un giovane di sua fiducia, lei che invece di sposarsi consacrò la sua vita a Dio, ed infine la offrì col martirio, ci insegna di non distrarci mai alle varie realtà del mondo di oggi ma a non allontanarci mai da Cristo e di affidarci sempre con tutto il corpo e l’anima alla sua protezione ed alla sua sapiente guida, affinché un giorno potremo essere degni della Patria Celeste, e lodare assieme a lei Dio Padre Onnipotente.
Ogni anno il suo passaggio deve trasformare la città, il passaggio delle sue reliquie benedice tutto il paese, e viene vissuto come un pellegrinaggio della Santa che benedice e conforta tutti, il povero, il malato, il bisognoso di aiuto.
La sua presenza entra nelle varie famiglie, ed il suo ritorno è accolto in maniera formidabile, e lo si esprime con preghiere, applausi, luci e fuochi nelle varie strade dei vari quartieri della città; tutta Paternò è unita nel nome del Signore e nel nome di Barbara, infatti la Santa Patrona passa proprio nei quartieri periferici ed ogni anno i due percorsi processionali della sera variano di anno in anno, proprio per accontentare tutti e dare la possibilità a molti nel far passare la Santa Patrona sotto la propria abitazione.
La festa grande di Paternò, molto ricca di tradizione, folcklore e spiritualità, festa molto caratteristica tra le più grandi e pompose della zona del catanese.
La festa, si potrebbe dire, che prende spunto dalla grande festa di S. Agata a Catania, per le varie similitudini che hanno le due feste: il fercolo d’argento con i vari cerei votivi, chiamati a Paternò “varette”, che precedono la Santa Martire sul fercolo in processione, i sacchi votivi dei devoti, ecc, ecc.
La festa incomincia a novembre, con numerosi appuntamenti ricreativi e liturgici di preparazione alla grande festa del 3-4-5 dicembre.
Il 3 dicembre si ha l’inizio dei grandi festeggiamenti esterni con la S. Messa solenne in chiesa madre e la successiva processione con le reliquie della Santa per le vie del paese.
La processione si conclude nella chiesa di S. Barbara con la svelata dello splendido simulacro della Santa restaurato da pochi anni.
Al momento della svelata si apre la porta della cameretta e fuoriesce S. Barbara avanzando in avanti sull’altare maggiore, tra le grida di commozione dei devoti ed esultanza generale.
Dopo un momento di preghiera il simulacro ritorna all’interno della sua cameretta in attesa del giorno successivo di festeggiamenti, quello centrale e liturgico per eccellenza.
Successivamente avviene nella piazza centrale del paese l’esecuzione delle due tradizionali “cantate” da parte delle due antiche corporazioni cittadine dei “Mulinari” e dei “Muratori”. Questo evento viene chiamato “Entrata dei Cantanti”; subito dopo si ha l’esecuzione di un suggestivo spettacolo pirotecnico.
Il 4 mattina, giorno di S. Barbara, il simulacro alle ore 8,00 viene nuovamente svelato e dopo la S. Messa solenne viene portato sul fercolo argenteo posto nei pressi dell’entrata centrale della chiesa, ed alle ore 10,00 in punto la Santa Patrona fa la sua trionfale uscita e si consegna alla città intera.
S. Barbara viene accolta sul sacrato dal suono delle campane, gli applausi dei fedeli presenti, il lancio di carte multicolori, i fuochi d’artificio al castello normanno, e soprattutto dall’omaggio di tutte le “varette”.
Esse sono dei cerei votivi usati anche in altre feste della zona limitrofa come per S. Agata a Catania, chiamate solitamente candelore, perchè all’interno hanno un grosso cero, ed all’esterno sono ricoperte di strutture artistiche in legno, con angeli, statue di santi, fiori, ecc.
Esse rappresentano le grosse candele che illuminano il passaggio al santo onorato in questione, in questo caso S. Barbara; a Paternò, invece di chiamarsi in gergo “candelore” si chiamano “varette”, e rappresentano le varie corporazioni della città, come i pescivendoli, gli operai, i panettieri, ecc, ecc.
Al momento dell’uscita della Santa patrona ogni singola “varetta” si avvicina al fercolo in sosta sul sacrato della chiesa e compie un inchino; subito dopo si dispongono in fila per la processione precedendo il fercolo argenteo tirato tramite due lunghi cordoni dai numerosi devoti in cappa votiva di colore bianco.
Inizia il tradizionale giro diurno che ogni anno viene rispettato, a differenza di quelli serali che solitamente cambiano di anno in anno.
S. Barbara, appena si consegna alla città intera, va nel luogo del suo primo culto nella città di Paternò: va nell’antica chiesa della Madonna dell’Itria ai piedi della collina che si affaccia di fronte al tutto il paese; li viene celebrata una S. Messa.
Dopo compie la sua seconda tappa: si dirige nella chiesa di S. Antonio Abate dove sorgeva il vecchio lazzaretto del paese all’epoca della peste.
S. Barbara arriva nella chiesa di S. Antonio intorno alle ore 13,30 circa e viene accolta da un grandioso spettacolo pirotecnico, in una piazza gremita di fedeli, paternesi e non, perchè questo avvenimento annuale è molto sentito al punto tale che nessun fedele si vuol perdere: l’arrivo di S. Barbara a S. Antonio è uno dei momenti più belli e sentiti di tutta la festa.
S. Barbara con tutte le “varette” sosta all’interno della chiesa di S. Antonio Abate, per poi uscire alle ore 16,30 per la processione pomeridiana per le vie del paese, soprattutto per andare nei quartieri periferici. Il rientro si ha in tarda nottata.
Il giorno seguente, 5 dicembre, è la giornata della devozione cittadina, con la seconda ed ultima processione.
Testo a cura di Vincenzo Zappalà
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Foto a cura di Vincenzo Zappalà
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