S. Antonio Abate – Santa Domenica Vittoria (ME)

Data della Festa:
1° Domenica di Settembre

La Festa   di S. Antonio Abate, celeste Patrono di Santa Domenica Vittoria, si inserisce nel contesto di un periodo molto intenso di festeggiamenti, rappresentandone il culmine, preceduta dalla festa di S. Domenica Vergine e Martire, Compatrona del paese, e seguita dalla festa dell’Addolorata.
Le fonti disponibili rimandano al 1600 per quanto riguarda l’introduzione del culto a S. Domenica Vittoria, e proprio in quel tempo la principessa Vittoria Di Giovanni, moglie del principe di Villafranca, donò per devozione un quadro raffigurante S. Antonio Abate con il libro delle Sacre Scritture e, caso singolare, un paio d’occhiali.
La statua che viene portata in processione risale invece alla fine del XVIII secolo, di pregevole fattura, raffigurato con abito talare nero, pastorale e la fiamma di un fuoco argenteo sulla mano sinistra.
La festa, che si svolge come da tradizione la prima domenica di settembre, è preceduta il venerdì da una solenne processione con le reliquie del Santo, presenziata dalle rappresentanze delle città siciliane in cui si venera S. Antonio Abate. Di queste, quest’anno hanno partecipato: Nicolosi, Misterbianco, Zafferana Etnea, Camporotondo Etneo, Patti e Troina.
La domenica la festa comincia con la celebrazione della S. Messa, alle ore 9.00, molto partecipata. La chiesa, gremita, ospita i fedeli e i “biancovestiti”, i devoti di S. Antonio Abate, così chiamati perché interamente vestiti di bianco. Alle 10.00, al termine della S. Messa, i biancovestiti circondano l’altare maggiore su cui è esposto il Santo, e lo prelevano da esso, tra grida di giubilo e invocazioni dialettali in cui si esclama: “E chiamamulu ccu divuzioni viva a Sant’Antò!” È una pazza gioia, un esasperato bisogno di trovare un contatto con il simulacro del Santo Patrono, di stabilire un rapporto di fede, di trasmettere la propria devozione con le voci, e con i gesti, col braccio teso verso l’alto, verso il proprio Protettore.
Quella di Santa Domenica Vittoria è una festa del tutto singolare. La processione è piuttosto una pazza corsa fuori dalla chiesa e tra i vicoli del piccolo borgo; S. Antonio Abate visita tutti gli abitanti, casa per casa, e benedice i fedeli, mentre i biancovestiti raccolgono le offerte.
E difatti, una volta posizionato il simulacro sul fercolo, quest’ultimo, caricato a spalla, viene condotto fuori di corsa. Quest’anno, prima del classico giro, i portatori hanno voluto confortare due malati del paese, portando la statua di S. Antonio Abate davanti alle loro case. Poi, tornati di corsa in chiesa, sono nuovamente usciti col fercolo, e hanno così dato il via al tradizionale giro del simulacro.
È una vera e propria festa, e come ogni festa l’allegria e la gioia e sono ingredienti fondamentali. La banda suona musiche allegre, che ritmano il passo dei portatori, li incita ad andare avanti, nonostante la fatica del percorso, che dura persino  dodici ore. Durante la processione il fercolo sosta davanti ogni singola casa, e, dai balconi, vengono dati in offerta denaro e ceri. Uno dei biancovestiti, posto sulla vara, riceve le offerte, attaccando il denaro alle colonne del fercolo. Le famiglie, disposte sui balconi, nei cortili, e lungo le strade, incitano i devoti, consegnando le loro offerte, a sollevare il fercolo in aria, a tenerlo in equilibrio con grande prova di forza sulle loro nude mani. È proprio così che il fercolo arriva anche ai balconi più alti, per ricevere le offerte.
S. Antonio Abate entra ed esce più volte dalla sua chiesa nel corso del giorno di festa, ed ogni volta lo fa al suono di una sirena, superstite di un triste passato, quando durante le due grandi guerre annunciava attacchi imminenti e invitava gli abitanti a rifugiarsi in posti sicuri, sotto lo sguardo benevolo del proprio Protettore. E in memoria di quei tempi che la sirena annuncia le uscite e i rientri del simulacro di S. Antonio, contemporaneamente al suono gioioso delle campane che intonano l’inno.
S. Antonio, durante il suo giorno di Festa, tocca tutti i punti dell’abitato, anche quelli più isolati, raggiungendo abitazioni in aperta campagna, tra il verde lussureggiante del comune.
Prima di rientrare in chiesa per l’ultima volta, in tarda serata, quando fuori è già buio inoltrato, l’ultima sosta del fercolo è riservata alla piazza del paese, dove vengono raccolte le offerte dalle case prospicienti, e dove ancora una volta la vara viene trionfalmente issata sulle teste dei presenti.
E infine il ritorno in chiesa, al suono delle campane e della sirena, e una volta dentro, S. Antonio Abate è festeggiato con un frenetico gridare; i biancovestiti sono ormai quasi senza voce e stremati dalla fatica, ma resistono fino all’ultimo, invocando il loro Patrono: “E chiamamulu ccu divuzioni viva a Sant’Antò!”.
La vara, dentro la chiesa, viene sollevata e riabbassata innumerevoli volte, fino a quando, esortati dalle Forze dell’Ordine, i devoti desistono e poggiano il fercolo sulla base. A quel punto si procede col togliere tutti gli ori e gli argenti ex-voto dal simulacro, per custodirli gelosamente. S. Antonio Abate, infatti, viene ricoperto di gioielli e durante la processione ne riceve degli altri, che vengono aggiunti al “tesoro”.
Il simulacro rimane ancora disponibile alla pubblica devozione, in attesa dello spettacolo pirotecnico sparato intorno all’una di mattina.

Testo a cura del nostro collaboratore Daniele Pennisi

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Foto a cura di Vincenzo Zappalà

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